Storia D'Italia vol. 21-25 by Indro Montanelli

Storia D'Italia vol. 21-25 by Indro Montanelli

autore:Indro Montanelli
La lingua: ita
Format: mobi
pubblicato: 2010-12-28T16:19:21+00:00


CAPITOLO TRENTUNESIMO.

GLI ARTISTI.

II Seicento fu il secolo del barocco, un'arte ampollosa^ encomiastica, declamatoria, che espresse plasticamente l'assolutismo autoritario della Chiesa posttridentina. Il nuovo stile allignò quasi esclusivamente nei Paesi cattolici e trovò il suo grande puntello nella potenza ^spagnola. Quando questa venne meno, sotto i colpi Hi quella borbonica e asburgica, il barocco entrò in agonia. Il secolo successivo segnò il trionfo del rococò, un'arte gaia, frivola, capricciosa, che attecchì e prosperò specialmente in Francia e in Austria.

La parola rococò deriva dal francese rocailles, conchiglie che decoravano certe grotticelle spugnose, disseminate nei giardini delle grandi ville patrizie, considerati ambienti naturali da ricevi

mento, dove, in una girandola di balli, feste, picnic, si davano convegno dame e cavalieri. Fu più uno stile d'interni che di esterni, che bandì tutto ciò che recava l'ipocrita e musona impronta barocca. Le case si riempirono di specchi, stucchi, lumiere, lacche, statuine di maiolica e porcellana, cuccume, bricchi dalle forme esili e civettuole. Anche nelle acconciature e nell'abbigliamento tutti s'intonarono alla nuova moda, ostentando parrucche incipriate e grondanti di riccioli, indossando panciotti ricamati, calzoni di seta attillatissimi, scarpine con tacco e fibbia, graziosi cappelli a forma di tricorno, impugnando spadini dall'elsa finemente cesellata, ventagli dai disegni esotici, variopinti ombrellini di seta. Nei salotti si servivano caffè e cioccolata, le bibite del secolo. Le dame, accompagnate dagl'immancabili cicisbei, allacciavano continue tresche, appoggiate a un canapè, tra le siepi d'un boschetto, nella penombra d'una grotta. Fra le pareti dei salotti, nel bel mezzo d'un giardino, violini, violoncelli, viole d'amore deliziavano gli ospiti con scherzi e minuetti. Si suonava e si danzava in un clima galante e galeotto, fatto di bisbigli, sussurri, sospiri, strizzatine d'occhio, sguardi furtivi e compiacenti. Leggerezza, grazia, fatuità diventarono le nuove parole d'ordine. Non ci s'impegnava su nulla, nemmeno sull'amore, considerato un piacevole scherzo e un gioco grazioso. La conversazione frivola, indiscreta, piccante, diventò un'arma infallibile di conqui

sta, una battuta di spirito al momento giusto il miglior passepartout per espugnare il cuore e l'alcova d'una dama.

Fu Parigi a dare il la al new look rococò, a fissarne il cerimoniale, dettarne i canoni, portarne alla perfezione (e agli eccessi) le manifestazioni. Vienna, Potsdam, Pietroburgo, le altre grandi capitale europee, con minore grazia ma con altrettanta curiosità, s'affrettarono ad adottare le nuove fogge e il nuovo galateo. In Italia il rococò ebbe scarsa presa e poca fortuna. Ne giunse qua e là la flebile eco, ma in nessuno dei grandi artisti del secolo esso lasciò il segno. In Tiepolo, Canaletto, Guardi, Longhi, Carriera di rococò c'è ben poco, anche se a Venezia questo stile ebbe accoglienze meno tiepide che altrove. I maestri del colore del Settecento non ne furono contagiati. Essi seguitarono a ispirarsi agli illustri predecessori del Cinque e del Sei, di cui non furono gli epigoni ma i continuatori.

Giambattista Tiepolo era nato nel 1696, figlio d'un piccolo armatore. Fisicamente era di statura superiore alla media, robusto, biondo, con un gran naso a becco su una bocca carnosa e sensuale. Gli piacevano la bella vita e le belle donne, ma soprattutto gli piaceva la pittura.



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